Da Sette Green-Un cervello di ritorno per il solare organico a Roma Tecnopolo Tiburtino: sta nascendo il fotovoltaico di terza generazione.

Potrebbe rivoluzionare le città Da Sette Green Un cervello di ritorno per il solare organico a Roma Tecnopolo Tiburtino: sta nascendo il fotovoltaico di terza generazione. Potrebbe rivoluzionare le città Una cella solare organica flessibile Una cella solare organica flessibile Flessibili e semitrasparenti. Le celle solari organiche stanno per cambiare volto – in tempi non troppo lontani – alle città. Sì, perché il fotovoltaico di terza generazione troverà uno dei suoi sbocchi più affascinanti nell’architettura: immaginate interi grattacieli rivestiti con la nuova copertura. L’acronimo, nel gergo degli scienziati, è Bipv (Building-integrated photovoltaics): pannelli che, oltre a trasformare la luce in energia, la lasciano filtrare indoor. Se l’efficienza è minore rispetto ai classici moduli al silicio, l’applicazione su larga scala potrebbe rivoluzionare l’habitat urbano. POLO SOLARE ORGANIGO - È la scommessa del Polo solare organico, centro di eccellenza finanziato dalla Regione Lazio, che ha avviato diversi spin-off e un consorzio pubblico-privato per trasformare in prodotto i risultati delle ricerche. Alla sperimentazione, coordinata da un team dell’Università Tor Vergata, collaborano circa trenta persone. Il quartier generale è al Tecnopolo Tiburtino, palazzina numero 8: è qui, tra simulatori solari e speciali forni per la cottura, che si creano le celle del futuro. «Usiamo materiali organici di sintesi», spiega Thomas Brown, “cervello” italico rientrato da Cambridge, «che sfruttano la sinergia tra pigmento, biossido di titanio e un elettrolita». Trentanove anni, romano (di padre inglese) del quartiere Ardeatino, nel Regno Unito ha contribuito allo sviluppo della carta elettronica (e-paper), basata su sistemi attivi di transistor a polimeri organici: chissà che i prossimi tablet, figli di Android e iPad, non abbiano la sua firma. Più sottili, leggeri e avvolgibili: «Non si potranno piegare», precisa il ricercatore, «ma arrotolare in un tubo sì». OLED - L’altra passione di Brown sono gli Oled (Organic light-emitting diode): materiali e architetture simili a quelli del solare organico, con la differenza che è la corrente a trasformarsi in luce. L’esempio più diffuso in commercio sono i display dei telefoni cellulari e dei lettori mp3: «Rispetto ai monitor Lcd, contrasto e viewing angle sono migliori». Motivo per cui sono destinati a rimpiazzare gli schermi dei televisori. L’idea più avveniristica, da scienziato democratico, è che il know-how acquisito finora consenta di produrre elettronica a basso costo: «Penso a un chip stampato al posto del codice a barre che, collegato con rete senza fili a un reader, invierebbe tutte le informazioni». La sua vena intuitiva si spinge oltre: «Se il frigorifero avesse un ricetrasmettitore, potrebbe aggiornare l’utente domestico sui cibi in scadenza, le provviste...». TECNOLOGIA - Aldo Di Carlo, professore di optoelettronica alla facoltà d’ingegneria, sottolinea la possibilità di conformare il materiale alle superfici: «Con la Protezione Civile della Regione Lazio stiamo mettendo a punto tende fotovoltaiche autosufficienti in situazioni di emergenza». Tecnologia multitasking, apprezzabile anche per le sue qualità estetiche: vedi la serie di otto celle solari “ColosseoWarhol”, con la serigrafia dell’Anfiteatro Flavio. «Ci piacerebbe se fosse scelta come logo per la candidatura di Roma alle Olimpiadi», auspica Franco Giannini, codirettore del Polo solare organico, «con richiamo al 20-20-20 di Kyoto». Sogni di gloria e non solo: «Stiamo lavorando su moduli a pigmento e polimerici, di dimensioni simili a quelli convenzionali, e i risultati sono incoraggianti», anticipa Giannini. Tradotto: la pre-industrializzazione delle celle solari organiche sta per diventare realtà. «In pochi anni si potranno attua re su superfici ad hoc i primi interventi, anche a scopo dimostrativo», stima Di Carlo. SPAZIO - Nel frattempo, il network – finanziario e speculativo – continua a macinare. Vedi l’impegno nel campo, non meno suggestivo, delle serre solari. La partnership, in questo caso, è tra Chose, la pmi di Aprilia Aero Sekur, l’Ibaf (Istituto di biologia agro-ambientale e forestale) del Cnr e l’Università della Tuscia. Il progetto si lega, in parte, agli esperimenti di life support system nelle missioni spaziali. «Analizziamo la risposta delle piante in ambienti controllati», spiega Alberto Battistelli, ricercatore all’Ibaf di Porano, «l’idea è quella d’integrare la produzione di energia e l’orto-floricoltura con pannelli dalla doppia funzionalità». Il dato più suggestivo riguarda il foto-assorbimento da parte dei nuovi pannelli: «Non neutro rispetto allo spettro», puntualizza Battistelli, «per cui possiamo valutare gli effetti quanti-qualitativi sul metabolismo vegetale». I test sullo spinacio, per esempio, hanno dimostrato che la luce incide sulla percentuale di vitamina C nelle foglie, quindi sul potere antiossidante del cibo derivato. Il tema suscita interesse in ambito internazionale, vedi le coperture colorate messe a punto nelle serre israeliane. MATERIALI - E un team americano sta lavorando sui materiali nanostrutturati, in grado di utilizzare gli infrarossi. L’attenzione è alta anche per l’appeal commerciale: «Data l’ampia diffusione di serre, con pannelli a bassa efficienza», insiste Sergio Zamboni, direttore operativo di Aero Sekur, «il totale teorico di potenza installata su scala nazionale potrebbe raggiungere il picco di 10 gigawatt». Ipotesi allettante, per cui si punta alla commercializzazione entro il 2013. Facendo premio su un doppio vantaggio: «Nei periodi più caldi», ragiona Zamboni, «sfrutteremmo il surplus di energia con teli fotovoltaici, utili sia ad alimentare le pompe idroponiche, sia a far crescere le piante».] Un cervello di ritorno per il solare organico a Roma
Tecnopolo Tiburtino: sta nascendo il fotovoltaico di terza generazione. Potrebbe rivoluzionare le città

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Un cervello di ritorno per il solare organico a Roma

Tecnopolo Tiburtino: sta nascendo il fotovoltaico di terza generazione. Potrebbe rivoluzionare le città

Una cella solare organica flessibile
Una cella solare organica flessibile
Flessibili e semitrasparenti. Le celle solari organiche stanno per cambiare volto – in tempi non troppo lontani – alle città. Sì, perché il fotovoltaico di terza generazione troverà uno dei suoi sbocchi più affascinanti nell’architettura: immaginate interi grattacieli rivestiti con la nuova copertura. L’acronimo, nel gergo degli scienziati, è Bipv (Building-integrated photovoltaics): pannelli che, oltre a trasformare la luce in energia, la lasciano filtrare indoor. Se l’efficienza è minore rispetto ai classici moduli al silicio, l’applicazione su larga scala potrebbe rivoluzionare l’habitat urbano.

POLO SOLARE ORGANIGO - È la scommessa del Polo solare organico, centro di eccellenza finanziato dalla Regione Lazio, che ha avviato diversi spin-off e un consorzio pubblico-privato per trasformare in prodotto i risultati delle ricerche. Alla sperimentazione, coordinata da un team dell’Università Tor Vergata, collaborano circa trenta persone. Il quartier generale è al Tecnopolo Tiburtino, palazzina numero 8: è qui, tra simulatori solari e speciali forni per la cottura, che si creano le celle del futuro. «Usiamo materiali organici di sintesi», spiega Thomas Brown, “cervello” italico rientrato da Cambridge, «che sfruttano la sinergia tra pigmento, biossido di titanio e un elettrolita». Trentanove anni, romano (di padre inglese) del quartiere Ardeatino, nel Regno Unito ha contribuito allo sviluppo della carta elettronica (e-paper), basata su sistemi attivi di transistor a polimeri organici: chissà che i prossimi tablet, figli di Android e iPad, non abbiano la sua firma. Più sottili, leggeri e avvolgibili: «Non si potranno piegare», precisa il ricercatore, «ma arrotolare in un tubo sì».

OLED - L’altra passione di Brown sono gli Oled (Organic light-emitting diode): materiali e architetture simili a quelli del solare organico, con la differenza che è la corrente a trasformarsi in luce. L’esempio più diffuso in commercio sono i display dei telefoni cellulari e dei lettori mp3: «Rispetto ai monitor Lcd, contrasto e viewing angle sono migliori». Motivo per cui sono destinati a rimpiazzare gli schermi dei televisori. L’idea più avveniristica, da scienziato democratico, è che il know-how acquisito finora consenta di produrre elettronica a basso costo: «Penso a un chip stampato al posto del codice a barre che, collegato con rete senza fili a un reader, invierebbe tutte le informazioni». La sua vena intuitiva si spinge oltre: «Se il frigorifero avesse un ricetrasmettitore, potrebbe aggiornare l’utente domestico sui cibi in scadenza, le provviste...».

TECNOLOGIA - Aldo Di Carlo, professore di optoelettronica alla facoltà d’ingegneria, sottolinea la possibilità di conformare il materiale alle superfici: «Con la Protezione Civile della Regione Lazio stiamo mettendo a punto tende fotovoltaiche autosufficienti in situazioni di emergenza». Tecnologia multitasking, apprezzabile anche per le sue qualità estetiche: vedi la serie di otto celle solari “ColosseoWarhol”, con la serigrafia dell’Anfiteatro Flavio. «Ci piacerebbe se fosse scelta come logo per la candidatura di Roma alle Olimpiadi», auspica Franco Giannini, codirettore del Polo solare organico, «con richiamo al 20-20-20 di Kyoto». Sogni di gloria e non solo: «Stiamo lavorando su moduli a pigmento e polimerici, di dimensioni simili a quelli convenzionali, e i risultati sono incoraggianti», anticipa Giannini. Tradotto: la pre-industrializzazione delle celle solari organiche sta per diventare realtà. «In pochi anni si potranno attua re su superfici ad hoc i primi interventi, anche a scopo dimostrativo», stima Di Carlo.

SPAZIO - Nel frattempo, il network – finanziario e speculativo – continua a macinare. Vedi l’impegno nel campo, non meno suggestivo, delle serre solari. La partnership, in questo caso, è tra Chose, la pmi di Aprilia Aero Sekur, l’Ibaf (Istituto di biologia agro-ambientale e forestale) del Cnr e l’Università della Tuscia. Il progetto si lega, in parte, agli esperimenti di life support system nelle missioni spaziali. «Analizziamo la risposta delle piante in ambienti controllati», spiega Alberto Battistelli, ricercatore all’Ibaf di Porano, «l’idea è quella d’integrare la produzione di energia e l’orto-floricoltura con pannelli dalla doppia funzionalità». Il dato più suggestivo riguarda il foto-assorbimento da parte dei nuovi pannelli: «Non neutro rispetto allo spettro», puntualizza Battistelli, «per cui possiamo valutare gli effetti quanti-qualitativi sul metabolismo vegetale». I test sullo spinacio, per esempio, hanno dimostrato che la luce incide sulla percentuale di vitamina C nelle foglie, quindi sul potere antiossidante del cibo derivato. Il tema suscita interesse in ambito internazionale, vedi le coperture colorate messe a punto nelle serre israeliane.

MATERIALI - E un team americano sta lavorando sui materiali nanostrutturati, in grado di utilizzare gli infrarossi. L’attenzione è alta anche per l’appeal commerciale: «Data l’ampia diffusione di serre, con pannelli a bassa efficienza», insiste Sergio Zamboni, direttore operativo di Aero Sekur, «il totale teorico di potenza installata su scala nazionale potrebbe raggiungere il picco di 10 gigawatt». Ipotesi allettante, per cui si punta alla commercializzazione entro il 2013. Facendo premio su un doppio vantaggio: «Nei periodi più caldi», ragiona Zamboni, «sfrutteremmo il surplus di energia con teli fotovoltaici, utili sia ad alimentare le pompe idroponiche, sia a far crescere le piante».

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